venerdì 5 settembre 2008

Anche se "non ci siamo più", possiamo assistere inerti alla distruzione della scuola elementare pubblica italiana?

Riceviamo e pubblichiamo:

La domanda non è retorica: come genitori impegnati nella scuola, ma soprattutto come cittadini di questo paese, abbiamo il dovere di essere attenti, di capire cosa accade, di difendere i valori comuni.

Ed allora non possiamo rimanere nè indifferenti nè inerti di fronte all'attacco che i ministri Tremonti e Gelmini portano alla scuola pubblica italiana con il decreto legge n.137 del 1° settembre 2008.

Che è pieno di tante cosine che sembrano graziose, che evocano anche cose antiche e piacevoli, un po' gozzaniane ed un po' deamicisiane...i voti come una volta, il maestro di Vigevano, la maestrina dalla penna rossa...la scuola solo al mattino...che bello, ci manca solo il buon Garrone...

Già, ma in realtà questi articoli sembrano scritti da Franti, e fanno alla scuola elementare italiana - una delle MlGLIORI in Europa, ad oggi - lo stesso bene che farebbe un sasso lanciato in una vetrata.

E vi spiego perchè per me questo decreto è da avversare.
Sul metodo: ne penso tutto il male possibile. Operare interventi sostanziali sulla scuola per decreto legge, senza neppure ipotizzare un confronto preventivo in Parlamento, è una modalità "autoritaria" che è nel DNA di questo governo, piace molto al popolino che non sopporta più i tempi e le procedure della democrazia, ma io personalmente continuo a ritenere inaccettabile (e penso non cambierò mai idea al riguardo).

Sul merito: c'è un po' di "fuffa" (Cittadinanza e Costituzione in cosa dovrebbe differenziarsi da quanto affrontabile in "Storia ed Educazione Civica"?), un po' di restaurazione che piace anch'essa - tanto - al popolo (il ritorno al voto! che bello! il numero è chiaro, nitido, non come quei giudizi che si fa una fatica terribile a leggere ed interpretare. ..), e, secondo me, la cosa peggiore è il ritorno al maestro unico.
Spacciato, nelle interviste del Ministro, per una scelta ANCHE dal contenuto pedagogico (ove si sostiene la opportunità di tornare al "riferimento unico" per i bambini), è assolutamente evidente che lo scopo primario (e probabilmente unico) è la riduzione dei costi, partendo dal taglio di decine di migliaia di insegnanti ottenuto - da qui al 2012 - con il blocco del turnover, e con la riduzione (art.4) a sole 24 ore di insegnamento settimanale.
Una scuola con meno insegnanti, meno specializzati e con meno ore di lezione per i bambini, è sicuramente una scuola destinata a diventare peggiore: non vedo come potrebbe essere altrimenti, anche se in questo paese ultimamente ci sforziamo oltre ogni logica per credere alle favole.
Il tempo pieno lascerà presumibilmente il posto ad un doposcuola "assistenziale" , svuotato di contenuti: un caro, vecchio parcheggio di bambini.
E' dunque una proposta, a mio avviso, fortemente ideologica e autoritaria: prima ancora di rigettarla, sarebbe opportuno creare un fortissimo movimento (docenti/genitori) che costringa perlomeno il governo a confrontarla con "il resto del paese", anzichè imporla a colpi di decreto: la scuola pubblica appartiene alla storia ed ai cittadini di questo paese, non è cosa privata di chi "legittimamente" governa e usa la legittimità per devastare la legalità, come dice Gustavo Zagrebelsky.


Non dimentichiamo che resta, sullo sfondo a mo' di spada di Damocle, il disegno di legge della deputata Gelmini (presentato quando non era ancora assurta sorprendentemente al trono di Viale Trastevere) che intende proseguire il percorso di privatizzazione delle scuole trasformandole in fondazioni, con la mutazione genetica dei consigli di circolo e di istituto in consigli di amministrazione, con conseguente riduzione ai minimi termini della presenza di genitori e studenti (un po' ce la meritiamo, visto l'uso deprimente che abbiamo fatto degli strumenti di partecipazione conquistati qualche generazione fa ed elegantemente ignorati dalla grandissima maggioranza dei genitori "moderni").

L'idea è davvero brillante: le scuole devono diventare soggetti interamente privati (incontrollabili, liberi dall'orribile "morsa centralista") con i soldi pubblici. E' il nuovo capitalismo codardo che avanza, il liberismo ipocrita: come per la vicenda Alitalia, "Stato" e "pubblico" sono sinonimi di condivisione collettiva delle perdite e dei costi, ma al contempo il potere decisionale si restringe e si concentra sempre più nelle mani di pochi, intoccabili soggetti sordi ad ogni richiamo ed ogni regola che non si concili con gli interessi di casta.

Possiamo davvero accettarlo, e restare ancora ciechi, muti e sordi di fronte a quello che accade?

Grazie per l'attenzione.

Marco Zanette.

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